lunedì 4 maggio 2009

Il felice matrimonio tra carbone e rifiuti!!!

A Venezia il recupero di energia dai rifiuti è una virtù. Per il portafoglio e per l’ambiente. Grazie al CDR che viene bruciato nella centrale Enel di Fusina in sostituzione del carbone importato
È stata inaugurata a fine marzo a Porto Marghera (Venezia), la nuova linea produttiva che consentirà di bruciare nella centrale a carbone Enel di Fusina 70.000 tonnellate l'anno di CDR (combustibile derivato dai rifiuti).Mentre in tutta Italia la realizzazione di un termovalorizzatore – cioè un impianto specificatamente progettato e costruito per la combustione di rifiuti - crea forti opposizioni, a Venezia i rifiuti producono energia e vengono bruciati in una normale centrale a carbone, perfettamente ambientalizzata, senza proteste da parte dei cittadini.Come è stato possibile? Lo abbiamo chiesto all’assessore alle politiche Ambientali della provincia di Venezia, Ezio Da Villa.«Sono assessore alle Politiche ambientali dal 1998 – spiega Da Villa – e da subito ho dovuto misurarmi con un’emergenza rifiuti che rischiava, allora, di essere simile a quella conosciuta da Napoli negli ultimi anni. La raccolta differenziata era ai minimi termini e non vi era alcun impianto di trattamento dei rifiuti. In pratica i rifiuti si smaltivano solo in discarica.Il problema si poneva in modo particolare per i comuni dell’area centrale della provincia, quella più urbanizzata che comprende Venezia e Mestre, che non sapevano materialmente dove portare i rifiuti. Inoltre le uniche discariche erano localizzate in comuni (Chioggia, Jesolo, Portogruaro) a forte vocazione turistica che, dunque, nonostante la buona volontà, non erano in grado di ricevere i rifiuti veneziani nei picchi di presenze.Così, in poco tempo, nel 1999, abbiamo dato il via al Piano provinciale di gestione rifiuti, avviando un percorso virtuoso che recepisse le direttive europee senza creare contrapposizioni tra le diverse opzioni. E quindi: prima di tutto ridurre le quantità di rifiuti, in secondo luogo recuperarli sotto forma di materia riutilizzabile, terzo recuperare energia».La quadratura del cerchio. E come avete operato? «Abbiamo attuato una serie di politiche incentrate sulla comunicazione, mirata tanto alla grande distribuzione e al piccolo commercio, quanto al coinvolgimento dei cittadini, grazie a campagne specifiche sulla raccolta differenziata. Al tempo stesso abbiamo avviato un percorso di integrazione industriale, lasciando ai privati l’ambito di intervento sul trattamento delle e recupero delle frazioni derivanti dalla raccolta differenziata e indirizzando invece le aziende pubbliche verso la creazione di impianti per la trasformazione del secco non riciclabile in combustibile derivato dai rifiuti, il cosiddetto CDR.Per il suo smaltimento non abbiamo però pensato ad un nuovo inceneritore, sia perché ne avevamo appena autorizzato uno da 50.000 tonnellate, sia perché nella provincia di Venezia - e in particolare a Marghera - erano già presenti circa 1500 punti di emissione (ciminiere, grandi camini eccetera). Proponendo di aggiungere un nuovo inceneritore avremmo rischiato una rivolta sociale. Così ci siamo indirizzati sulla co-combustione in impianti già esistenti, una possibilità peraltro prevista dal Decreto Ronchi. È così nata la collaborazione con Enel, che a Fusina ha in servizio una centrale a carbone dove recentemente sono state investite ingenti risorse per il trattamento dei fumi e quindi per ridurre l’impatto ambientale nella produzione di energia».A proposito di recupero, quali sono oggi i valori di differenziata raggiunti nella provincia di Venezia? «Nella maggior parte dei 44 comuni della nostra provincia il sistema “porta a porta” ci consente di recuperare in modo differenziato dal 70 all’80% dei rifiuti urbani.Abbiamo risultati inferiori solo nei comuni a forte valenza turistica, come Venezia, Jesolo, Caorle, Chioggia e San Michele al Tagliamento. Si tratta di zone che accolgono oltre 33 milioni di turisti l’anno e nei quali non è facile arrivare agli stessi livelli di differenziata. Ma anche qui stiamo spingendo molto e stiamo ottenendo risultati straordinari. Come media provinciale, comunque, siamo ad oltre il 43% di rifiuti urbani raccolti in modo differenziato: vetro, plastica, alluminio, frazione organica che viene compostata per essere riutilizzata in agricoltura eccetera.Tutta la parte rimanente viene inviata agli impianti di fabbricazione del CDR, da cui, dopo ulteriore recupero e biostabilizzazione, solo circa il 5% dei rifiuti in ingresso viene smaltito in discarica. Si tratta di una quota minima, al punto che, mentre altrove le discariche vengono ampliate o ne vengono aperte di nuove, da noi le stiamo chiudendo per mancanza di rifiuti da conferirvi. Delle quattro discariche attualmente aperte nella provincia, a breve ne resterà una sola».In dettaglio come funziona la nuova linea di smaltimento del CDR presso la centrale di Fusina? «La soluzione di Fusina è stata messa a punto in seguito ad un Accordo di programma che innanzi tutto ha realizzato tutte le necessarie sperimentazioni coinvolgendo l’Azienda sanitaria locale, il Ministero dell’Ambiente e l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPAV). Abbiamo analizzato il funzionamento della centrale a carbone “in bianco” (cioè con l’uso del solo combustibile di progetto, il carbone) poi con l’impiego del CDR a diverse potenzialità, ovvero con diversi quantitativi e con diverse tipologie di CDR.Tenga presente che il CDR che inviamo a Fusina non è un CDR qualunque. Viene prodotto con procedimenti e con impianti d’avanguardia che oggi vengono a visitare tecnici da tutto il mondo.Il rifiuto d’origine, ad esempio, prima ancora di essere selezionato con procedimenti meccanici, viene bio-stablizzato. Ovvero, il rifiuto viene messo per una settimana in apposite bio-celle, con monitoraggio automatico dei principali parametri, che igienizzano il prodotto e lo disidratano, rendendolo la sostanza organica non intercettata dalla raccolta differenziata, molto ricca di carbonio, ottima da bruciare. Nella fase di selezione, poi, vengono rimossi gli inerti, i metalli e tutto quello che non è adatto per il trattamento di valorizzazione energetica. In questo modo oltre a togliere le principali sostanze inquinanti, il CDR assume delle caratteristiche termiche ottime, con un potere calorifico di oltre 4000 kcal/kg (superiorea quello del legno ben stagionato, ndr).Il nostro CDR è insomma un prodotto di buona qualità che Enel brucia non per farci un favore, ma acquistandolo e pagandolo. Anche perché entra nel circuito virtuoso dei certificati verdi, essendo un combustibile locale e rinnovabile, che viene usato in sostituzione di una quota di carbone, cioè di un combustibile fossile, non rinnovabile e di importazione».Nessun problema di tipo tecnico? «Certo che si, perché le centrali vengono progettate per uno specifico combustibile e ci sono dei precisi parametri tecnici da rispettare. Ma li abbiamo affrontati e risolti. Un primo problema, ad esempio, riguarda il fatto che il carbone viene iniettato in caldaia ad una granulometria di qualche decina di micron (millesimi di millimetro), mentre quella del CDR è dell’ordine di qualche centimetro. Per evitare che questa differenza possa creare problemi, il CDR viene prima briquettato, ovvero lavorato in macchinari che lo riducono a piccolissimi cilindretti. Successivamente questi cilindretti vengono macinati con sistemi appositamente progettati (e brevettati) per ottenere un materiale di dimensioni analoghe a quelle del carbone.Ovviamente, poi, ci siamo posti il problema del controllo delle emissioni, progettando sistemi di analisi e campionamento in continuo di tutti i principali parametri e dei meta inquinanti, come le diossine.Insomma, è stato fatto un rilevante lavoro ingegneristico e di ingegneria ambientale che, dopo molti mesi di attività svolta sotto il controllo di soggetti pubblici terzi (ASL e ARPAV) ,ci consente di affermare che non solo l’impiego del CDR non è peggiorativo per il funzionamento della centrale a carbone, ma in certi casi è addirittura migliorativo.D’altra parte anche la combustione del CDR è per alcuni versi migliore nella centrale a carbone che nei termovalorizzatori, ad esempio per l’abbattimento delle diossine.In conclusione, tutti i dati che abbiamo analizzato per mesi ed anni hanno dimostrato che l’utilizzo del nostro CDR nella centrale di Fusina funziona tanto dal punto di vista energetico, quanto da quello dello smaltimento dei rifiuti».Nessun problema di contestazione locale? Nessun atteggiamento di tipo Nimby con il quale vi siete dovuti confrontare? «No, perché abbiamo realizzato questo ciclo virtuoso coinvolgendo da subito e costantemente la popolazione in ogni fase di progettazione e di lavoro. Perciò non c'è stata nessuna protesta»a cura di Valter Cirillo (aprile 2009).
FONTI:www.enel per l'ambiente.it

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